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Ironie sconvenienti

Questo ho fatto la fatica di trascriverlo dal cartaceo. Ma ne vale la pena.

Nemmeno al premier conviene ironizzare sull’opposizione
di Stefano Folli
Il Sole 24 Ore del 18 settembre 2008

Non è la prima volta che il presidente del Consiglio usa toni molto critici verso Veltroni, personaggio indebolito e in evidente difficoltà, ma pur sempre il leader riconosciuto del maggior partito d’opposizione. La novità consiste nel modo sprezzante con cui lo ha apostrofato stavolta. Dire di qualcuno che è «inesistente» sul piano politico (se paragonato ai positivi indici d’opinione che in questo momento premiano l’esecutivo) significa colpire sotto la cintura. Un giudizio pesante, con cui Berlusconi vuole far sapere che non esiste alcuna prospettiva di «dialogo» o confronto parlamentare con un’opposizione troppo fragile per sedersi intorno a qualsiasi tavolo.

E’ una posizione nota, quella del premier. L’averla ribadita con tanta asprezza significa con evidenza che Berlusconi ha scelto di puntare sul costante, lento logoramento di Veltroni. Il che equivale al logoramento del Partito democratico. Da un lato, il leader della destra chiude gli spazi al suo avversario; dall’altro si compiace per la contraddizione in cui si agita il Pd: avere un capo in qualche misura «blindato» dalla vittoria nelle primarie (benché addomesticate) e tuttavia così fragile da non costituire una reale alternativa.

Tutto questo è abbastanza chiaro e fa parte del gioco politico. Vero è che nel centrodestra non tutti, almeno fino a ieri, condividevano la linea della chiusura totale. Basti pensare alle preoccupazioni di Bossi e Calderoli circa il cammino parlamentare del federalismo. Riformare la Costituzione richiede un notevole grado di coinvolgimento dell’opposizione. E del resto, su questo terreno, si era svolto prima delle ferie d’agosto un significativo incontro fra il presidente della Camera Fini e Massimo D’Alema.

Viceversa Berlusconi sostiene non da oggi una linea di assoluto scetticismo e non sembra credere che con l’opposizione si debba trattare alcunché. Tanta determinazione gli deriva dalla forza dei numeri e, come si è detto, dai sondaggi d’opinione. Ma soprattutto dalla convinzione che il momento sia propizio per approfittare fino in fondo, anche in termini elettorali, della crisi della sinistra.

Può darsi che abbia ragione. In passato Berlusconi ha dimostrato di avere la capacità di guardare lontano. Tuttavia l’uscita di ieri lascia perplessi per un motivo di fondo. A esprimersi in termini tanto aggressivi non è solo il leader della maggioranza, ma il presidente del Consiglio. E da quest’ultimo ci si aspetterebbe un certo «bon ton» istituzionale. Quando si è lontani dalla campagna elettorale, chi ha la responsabilità del governo non tratta in modo sprezzante il leader dell’opposizione. Nemmeno, e in particolare, quando quest’ultimo naviga in cattive acque. Il bipolarismo ha tante durezze, ma conosce anche le regole del galateo. E difatti né Bush, né Sarkozy, né Brown definiscono «inesistenti» i leader della loro opposizione.

In fondo proprio le cifre positive dei sondaggi, che premiano il lavoro di Palazzo Chigi, dovrebbero consigliare qualche prudenza al presidente del Consiglio. L’opposizione merita rispetto in ogni caso, ma soprattutto quando chi governa vive una fase di notevole popolarità. Una popolarità senza dubbio eccezionale, visto che ormai sono passati diversi mesi dall’inizio di questa esperienza di governo. Un’opposizione troppo debole può costituire un vantaggio nell’immediato, ma alla lunga è un rischio per tutti.